Marchesi Antinori

a Firenze dal 1385

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L'Impresa

A come Antinori. Essere tra i primi - sul registro di classe come su una carta dei vini - nella vita può aiutare molto. Può certamente rafforzare un senso di autostima, certe convinzioni, ed essere stimolante nella ricerca di costante perfettibilità.
Se il nome in questione è poi quello di una famiglia che dal 1385 - e da 26 generazioni - produce e commercializza vino di altissima qualità, etichette rinomate in Italia e nel Mondo, i successi passati appaiono piccoli di fronte alle sfide immense del futuro: a volte avvincenti, altre volte difficili, mai improbabili. Sempre e comunque pronte ad essere colte, senza riserva.
La storia degli Antinori è quella di un grande libro perennemente aperto. E’ l’inchiostro ancora vivo di un atto notarile stipulato nella notte del Medioevo, anno di grazia 1179, e narra di origini riconducibili alle campagne fiorentine e a quel Castello di Combiate (l’attuale Croci di Calenzano) circondato da vigneti e messo sotto la tutela della Chiesa, al riparo dalla ‘ferocia’ di Firenze e dei suoi signori.
In riva all’Arno, gli Antinori vi arrivarono poco dopo, agli inizi del 1200, attratti dalla prosperità del tempo. Si stabilirono nel quartiere di Santo Spirito, iscritti all’Arte della Seta e quindi all’Arte del Cambio, quali banchieri alle prese con importanti affari, in Francia soprattutto, e in Europa.
Dal 1385 - quando Giovanni di Piero Antinori entrò a far parte dell’Arte dei Vinattieri - iniziarono a dedicarsi alla viticoltura, l’Arte che meglio rappresenta la loro dinastia, il loro nome con la A maiuscola, in ogni angolo del pianeta Terra.
Il prestigio di questa Impresa Storica è tuttora ben visibile nel ‘cuore’ di Firenze, alla fine di via de’ Tornabuoni, dove sorge “austero ma non altero”, Palazzo Antinori, dal 1506 sede della famiglia. Fu realizzato dal Giuliano da Maiano e comprato per 4000 fiorini, ed è uno dei simboli eterni di Firenze, testimone fedele del legame indissolubile degli Antinori con la città che li resi affermati e celebri.
Ma il cordone ombelicale di questa antichissima azienda con il suo passato è una filosofia quasi ‘cromosomica’ per nuove esplorazioni, è il sole da rincorrere dietro una collina, la ricerca incessante – quasi febbrile - di nuovi percorsi innovativi, quell’acuto affinamento della propria identità toscana, coniugabile con uno spiccata attitudine di intraprendenza nei confronti di un futuro antico ed aperto. Si trovi esso nella californiana Napa Valley, nel lontano Cile, nella vicina Ungheria, o sui monti del Salento.
“Le antiche radici giocano un ruolo importante nella nostra filosofia, ma non hanno mai inibito il nostro spirito innovativo” conferma il Marchese Piero Antinori, a capo dell’azienda insieme alle sue tre figlie. L’impressione viene confermata appieno visitando la Tenuta ‘storica’ di Tignanello, tra le valli della Greve e di Pesa, 147 ettari vitati e soleggiati che guardano su un orizzonte infinito, senza chiusure, di nessun genere.
Su queste colline nascono due vini ben noti agli intenditori: l’omonimo Tignanello e il Solaia, definiti dalla stampa internazionale “tra i vini più influenti nella storia vitivinicola italiana”. Tignanello non è solo una località incantevole da cartolina, con la sua villa padronale cinquecentesca, le vecchie cantine dove il Sangiovese invecchia cullato in barrique di legno ungherese, i casolari adibiti ad uffici, le geometrie di filari disegnate con mano divina. La tenuta tanto cara alla Famiglia Antinori è il cuore pulsante della produzione, della sperimentazione, il centro operativo dove nascono nuovi progetti di coltivazione, fermentazione, invecchiamento. Si studiano minuziosamente cloni e tannini, al pari dell’efficacia delle rocce bianche di Alberese, già utilizzate in Oriente e in grado di offrire il miglior irraggiamento solare alle uve. Per rimanere in tema di esperimenti, il vino Tignanello è stato il primo Sangiovenese ad essere affinato in barrique e il primo ‘rosso’ moderno assemblato con varietà non tradizionali (Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc).
Un’attività di ricerca e di studio iniziata negli anni Venti, interrotta dalla Guerra, quindi ripresa a partire dagli Anni Sessanta, fino ad oggi, e che ha portato i vini Antinori a compiere un eccellente salto di qualità, ponendo il marchio in stretta concorrenza con i grandi produttori internazionali.
Se oggi negli Stati Uniti tutti conoscono Tignanello, Peppoli, Guado al Tasso e la Braccesca (dove matura l’affascinante Sirah del ‘Bramasole’), il merito è di Antinori, che ha saputo vedere ben oltre un glorioso passato. O forse di aver semplicemente creduto nel proprio nome. Come continueranno certamente a fare le tre eredi di Piero Antinori. Per chi non lo sapesse, si chiamano Allegra, Albiera e Alessia.

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